il parco a spasso nei miei occhi
Il parco
Abitando a 300 metri dal parco ovest a Bergamo ho sempre trovato modalità e tempo per comporre delle osservazioni più o meno complete sul campo, grazie alle quali, posso tranquillamente definire il parco ovest una zona di alto interesse faunistico di passaggio e di permanenza per alcune specie (allego elenco). Purtroppo il parco è inserito in una zona in continuo sviluppo socio/urbano, assediato da una super strada e da un aumento urbanistico troppo a ridosso, se non addirittura dentro il parco. La disattenzione degli amministratori ai temi naturalistici, pur di rispondere (giustamente) ai bisogni di corto raggio degli abitanti, e a volte il non vedere la natura come fonte essenziale di benessere collettivo, anche sul lato economico, fa si che Bergamo rischi di perdere la sua piccola torbiera o la sua Oasi ovest!
E cosi fu…
Un’area di 125.000 metri quadrati a sud della città, tra la circonvallazione Pompiniano, la linea ferroviaria Bergamo – Treviglio, via Tobagi-Galli-Ravizza, collegata alle aree del parco agricolo ed ecologico della cintura verde di Bergamo.
Alla fine del 2013, quando ho cominciato ad appassionarmi sempre di più alla fotografia naturalistica e al birdwatching, mi sono trovato a frequentare questa area con una certa assiduità e sempre con binocolo e attrezzatura fotografica.
inizialmente la mia impressione sul parco si limitava a “un luogo lasciato andare, una fetta di campagna in mezzo alla città”, ma con il passare del tempo e lo sguardo più attento e con le stagioni che rimodellavano il parco insieme alla luce del sole e all’odore del temporale, scattavo fotografie, guardavo quelle creature volanti, vedevo i loro nidi, i loro piccoli, il cibo, le predazioni, sentivo i vocalizzi, i richiami per amore o per minaccia... osservavo!
e capanno sia!
Spesso per fotografare ed osservare la fauna nel parco dovevo ricorrere ad ogni sorta di stratagemma di camuffamento, dallo stare immobile per ore dentro un cespuglio all’utilizzo di Ghillie e reti mimetiche, all’uso di un capanno mobile nel quale stare. Comunque il mio girovagare nel parco fotografando qua e là finì per essere notato dalle persone che frequentavano il posto per altri motivi, per passeggiare magari con l’amico a quattro zampe o perché possedevano lì un orto.
Un pomeriggio di fine aprile 2017 l’anziano ortolano mi chiese se mi sarebbe piaciuto avere un orto li, sotto la ferrovia in quel posto recintato e semi abbandonato. Vi erano tanti alberi intorno e dentro alcuni da frutta e il resto era un abnorme rovo.
Pochi giorni dopo ho preso quel terreno, e con l’aiuto di mia moglie e dei miei figli in una settimana avevamo già pulito l’orto e raccolto le macerie e il materiale edile buttato lì. In quella settimana ho costruito un capanno, una mangiatoia, una pozza e preparato dei tronchi per i picchi e dei rami come posatoi.
Quell’autunno fu veramente un spettacolo della natura, mai avevo visto cosi tanti uccelli nello stesso momento, alcuni giorni sembrava che piovessero peppole e Fringuelli, tanti pomeriggi non fotografavo neanche ma guardavo dal finestrino del capanno in piena estasi, le mattine d’inverno quando riempivo la mangiatoia e potevo toccare con le mani il pettirosso o la cinciarella mi sentivo felice, felice e solo felice!
Sognavo ad occhi aperti... se il parco diventasse una sorta di parco protetto aperto per la didattica e ripristinato ad una sorta di piccola torbiera che era una volta, con tre capanni per osservare i differenti habitat? Se mettessimo le cassette nido per il gheppio e per la civetta, e perché no anche per i pipistrelli... sognavo ad occhi aperti!
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